Area geografica
Chiave di ricerca
Home
Ambiente
Sviluppo
Popolazione
 
Chi siamo
Dossier
Documenti
Associazioni
Contatti
 
Iscriviti alla newsletter
 
Che tempo farà
 
 
Versione Stampabile
inserito il: 16-9-2009
SCIENZA E CAMBIAMENTI CLIMATICI: CI VORREBBE UN PO' DI ETICA
di Luigi Mariani*

Come - diranno i benpensanti - cosa c’è ancora da discutere circa la teoria sull’origine antropica del riscaldamento globale (o teoria dell’Antropogenic Global Warming – AGW), quella che molti scienziati e quasi tutti i media additano oggi al mondo come “verità scientifica” e che sta improntando le politiche delle Nazioni Unite e dei governi di tutto il mondo?

Da discutere rimane parecchio: basta osservare il fatto che, nonostante i livelli di CO2 in atmosfera siano in crescita progressiva, le temperature globali non salgono più dal 1998. Ciò rappresenta solo una delle tante eccezioni su cui si sta lavorando nel tentativo di dimostrare sul piano scientifico la falsità di una teoria che oggi viene chiamata in causa, spesso a sproposito, per giustificare un’innumerevole messe di fenomeni, dall’afa estiva delle nostre città (la quale è in gran parte il prodotto dei fenomeni a microscala che sono alla base del fenomeno dell’isola di calore urbano) allo scioglimento delle nevi del Kilimangiaro (il quale non può essere dovuto al global warming in quanto le temperature nella fascia intertropicale sono stazionarie da decenni, sia al suolo sia in quota).

Il cimitero delle teorie scientifiche
Come presupposto per ogni ragionamento in ambito scientifico occorre considerare che un’area crescente dei “territori della scienza” è oggi occupata dal cimitero delle teorie, in cui trovano posto quelle teorie di cui è stata dimostrata la falsità. L’attività di “falsificazione” delle teorie è fisiologia per la scienza così come la morte è fisiologica in qualunque sistema biologico.

Esiste tuttavia un’etica della falsificazione (Lakatos, 1977), nel senso che chiunque critichi una teoria dovrebbe dichiarare anche le condizioni che se soddisfatte lo condurrebbero ad aderire alla teoria che sta avversando. Vorrei qui di seguito illustrare sinteticamente le condizioni che valgono per il sottoscritto, sperando che possano suscitare l’interesse di qualcuno.

I tre pilastri della teoria AGW
Per procedere in modo rigoroso iniziamo anzitutto con una definizione della teoria a cui si fa qui riferimento.

La teoria AGW parte dalla relazione fra temperatura di superficie e concentrazione dei gas serra per affermare che l’uomo, incrementando artificialmente la concentrazione di alcuni gas serra (in primis l’anidride carbonica – CO2 – e poi il metano – CH4 -, il protossido d’azoto N20, ecc.) sarebbe oggi il principale motore di un cambiamento climatico globale con esiti perniciosi per gli ecosistemi e per la stessa nostra specie.

La teoria AGW si fonda su tre pilastri:
1. il ruolo chiave della CO2 di origine antropica come potenziatore dell’effetto serra
2. la previsione del clima del futuro svolta per mezzo di modelli matematici si simulazione (i Global Climatic Models o GCM) che si basano sulla meccanica newtoniana della continuità
3. le ricostruzioni dei climi del passato, che per gli ultimi 200-300 anni è effettuata per mezzo di dati strumentali mentre per il periodo precedente viene attuata attraverso dati di diversa natura (pollini fossili, cerchie annue di accrescimento di alberi, composizione isotopica di sedimenti calcarei, composizione chimica dell’aria intrappolata in carote glaciali, ecc.) in qualche misura  correlati con l’andamento di variabili meteorologiche come la temperatura o le precipitazioni.

La teoria AGW non è peraltro l’unica teoria oggi disponibile. In particolare esiste la teoria solare che indica nel sole il principale motore del cambiamento climatico e che individua nella variabilità dell’attività solare la causa di gran lunga dominante della variabilità del clima terrestre.

DOMANDE IN ATTESA DI RISPOSTA
Il presupposto per un’adesione alla teoria AGW che si fondi su basi razionali trascurando gli aspetti di natura emotiva o ideologica è, per quel che mi riguarda, la risoluzione di una vasta gamma di eccezioni rispetto a tale teoria che classificherò nelle tre grandi categorie di eccezioni relative alle ricostruzioni dei climi del passato, eccezioni relative agli scenari futuri costruiti con i modelli GCM ed eccezioni relative al ruolo della CO2 nel sistema climatico.

La ricostruzione dei climi del passato
Per quanto attiene alle eccezioni legate alle ricostruzioni dei climi del passato, limitandoci esclusivamente al clima più recente (ultimi 125.000 anni, un’inezia rispetto ai 4.5 miliardi di anni di vita del pianeta), si evidenziano una serie di fenomeni che la teoria AGW non riesce a spiegare  in modo soddisfacente. Fra questi: (i) il fatto che 125.000 anni orsono il mare era più alto di 4-5 m rispetto ad oggi (IPCC, 2007) nonostante i livelli di CO2 fossero inferiori a quelli odierni; (ii) il fatto che fra 110.000 e 23.000 anni fa, in piena era glaciale, la Groenlandia sia stata interessata da 16 eventi di intenso e rapido riscaldamento (eventi di Dansgaard Oeschger) che non trovano giustificazione nella teoria AGW; (iii) le quattro grandi fasi calde dell’olocene (grande optimum postaglaciale da 8500 a 4500 anni fa, optimum miceneo intorno a 3000 anni fa, optimum romano circa 2000 anni fa e optimum  medioevale (Loehle, 2007) circa 1000 anni fa.

Per inciso sul tema degli optimum olocenici, che gli storici si ostinano a chiamare “optimum”, evidenziando il loro effetto favorevole alla civiltà, è in atto un processo di revisione che mira a ridurne la rilevanza in termini termici, in modo tale da mettere in risalto l’unicità del riscaldamento di 0.7°C avvenuto nel 20° secolo. La tendenziosità che affligge almeno in parte tale processo è stata di recente denunciata da una commissione della Società Americana di Statistica (Wegman et al., 2006).

Gli scenari futuri
Circa le eccezioni agli scenari futuri costruiti con i modelli GCM, ci si riferisce al potere previsionale dei modelli GCM, quelli usati per prevedere le temperature del pianeta per i prossimi 50-100 anni. Tali modelli si basano su una tecnologia analoga a quella alla base dei normali modelli usati per prevedere in modo sufficientemente accurato il tempo per i prossimi 5-7 giorni o per prevedere, in modo assai più inaccurato il tempo per i prossimi 3-6 mesi. Un esempio di modello impiegato per quest’ultima attività è dato dal modello stagionale CFS dell’ente americano per la meteorologia NOAA. 

Per andare alle radici del’inaccuratezza facciamo il caso pratico dell’estate 2009 (periodo 1 giugno–31 agosto) per la quale il modello CFS previde un’anomalia termica negativa sull’area italiana e più in genere sul Mediterraneo; al contrario le misure hanno indicato una sensibile anomalia positiva. Fatti di questo tipo inducono i meteorologi previsori ad utilizzare con la massima prudenza i prodotti previsionali stagionali. Ma se questa è la conclusione pratica per i modelli previsionali stagionali, perché dar credito a “scatola chiusa” alle previsioni a 100 anni dei modelli GCM?

Personalmente non trovo ragioni razionali per una simile “apertura di fiducia”; vorrei tuttavia spingere oltre nella critica, affrontando la questione del come si possa giungere a dare una risposta fondata circa l’effettiva abilità previsionale dei GCM.
Certo, si potrebbe aspettare il 2100, ma temo che una tale soluzione non sia compatibile con le esigenze della collettività. Un modo assai più rapido consisterebbe nel verificare l’efficacia dei GCM su un periodo diverso rispetto a quello per cui sono stati “tarati”, e mi spiego. Idealmente si potrebbe richiedere che un GCM venisse “tarato” sul periodo 1951-2000 e poi verificato con riferimento al periodo 1901-1950.
Queste validazioni non sono mai state fatte ed il sospetto è che ciò sia la conseguenza del fatto che farebbero emergere in modo lampante l’incapacità dei GCM a prevedere alcunché. Oggi invece ci si limita a “tarare” i modelli su un periodo che va dagli anni '50 ad oggi e poi a lanciare verso il futuro i modelli stessi in base alla loro presupposta abilità previsionale.

Come si vede di idee ragionevoli per affrontare il problema della validazione dei modelli GCM ve ne sono; peccato che nessuno (i modellisti in primis) manifesti in modo chiaro la necessità di una validazione e pertanto una collettività che non sarebbe in alcun modo disposta ad affidare a modelli non validati la costruzione di un viadotto o di una centrale termica  (con modelli non validati i ponti crollano e le centrali se ci va bene vanno in panne) accetta senza batter ciglio che modelli non validati siano utilizzati per fornire indicazioni che condizionano in modo pesantissimo il futuro delle nostre economie.

Il ruolo della CO2
Veniamo infine alle eccezioni legate al ruolo della CO2 nel sistema climatico. L’effetto serra è un fenomeno di per sé benefico, in quanto rende abitabile un pianeta che in sua assenza avrebbe una temperatura media di superficie di –19°C. L’effetto serra è il risultato dei processi di assorbimento/riemissione della radiazione a onda lunga emessa dal pianeta ad opera di una vasta gamma di sostanze (gas serra, corpi nuvolosi, ecc.)
I “gorilla dell’effetto serra” sono il vapor d’acqua e le nubi, che insieme determinano grossomodo l’80% dell’intero effetto, e non l’anidride carbonica. Da ciò consegue che senza un’amplificazione da parte del vapore acqueo e delle nubi, i modelli GCM a fronte del raddoppio dei livelli di CO2 rispetto a quelli pre-industriali possono prevedere solo alcuni decimi di °C di aumento delle temperature globali (+0.47 da oggi al raddoppio della CO2 secondo il modello empirico di Myhre et al. (1998) riportato nel report  IPCC del 2001) e non i 4-6°C di cui si parla oggi.

Lo scetticismo nasce allora dal fatto che oggi non siamo in grado di prevedere in modo accurato il comportamento futuro del vapore acqueo e delle nubi. In particolare per queste ultime è noto che se avremo più nubi basse (strati, cumuli, ecc.) avremo temperature di superficie più basse mentre se avremo più nubi alte (cirri) avremo temperature più alte; invece il dire come saranno queste nubi non dico fra 100 anni ma fra un mese è ancora ben aldilà delle nostre possibilità previsionali (Stephens, 2005).

Si osservi che questo è lo stesso problema cui si trovano di fronte i sostenitori della teoria solare. Per ritrovare un sole attivo come oggi bisogna ritornare indietro di 8400 anni ma l’effetto di tale maggiore attività è troppo piccolo, ed ecco allora che i sostenitori della teoria solare ricorrono ad amplificazioni; una, che appare promettente, è stata individuata da Svensmark e Shaviv nei raggi cosmici (Svensmark, 2007).

Una questione etica
Come si vede le critiche alla teoria AGW sono varie e sarebbe auspicabile da parte dei sostenitori di tale teoria la puntuale risposta ad esse o quantomeno un atteggiamento un tantino più umile ed aperto al dubbio. E’ mai possibile che i sostenitori di tale teoria si ammantino sempre dell’aura di “salvatori del pianeta”, ignorando l’elementare evidenza secondo cui sbagliare la diagnosi significa il più delle volte sbagliare anche la terapia?

A tale proposito si pensi che se si diffonde uno scenario previsto fra 100 anni e gli si attribuisce un’attendibilità del 90%, come in sostanza fa l'IPCC,  è avvio che ci si assume una responsabilità molto grave. Ad esempio se si prevede che i Paesi del Mediterraneo avranno più caldo e meno pioggia, tutte le opere di adattamento di un tale futuro dovrebbero  essere indirizzate a costruire invasi per le acque, con ricadute negative enormi sulle economie in caso di errori nella “previsione”.

Lo stesso dicasi per le malattie tropicali. Chi sostiene oggi, a fronte della stazionarietà delle temperature nella fascia subtropicale, che il global warming stia favorendo l’espandersi della malaria si assume la responsabilità di indirizzare i governi verso provvedimenti del tutto inadeguati ad una lotta efficace a tale malattia (Reiter, 2008).
Questi esempi aprono una finestra sui risvolti etici delle ricerche sul cambiamento climatico cui sarebbe in futuro opportuno dare ben altro rilievo rispetto a quello che viene oggi riservato.

*Università degli Studi di Milano, Dipartimento di Produzione Vegetale

Bibliografia
IPCC, 2001, Report TAR (http://www.ipcc.ch/).
IPCC, 2007. Report AR4 (http://www.ipcc.ch/).
Lakatos, I. 1977. The Methodology of Scientific Research Programmes: Philosophical Papers, volume 1. Ed. J. Worrall and G. Currie. Cambridge: Cambridge University Press.
Loehle C., 2007. A 2000 year global temperature reconstruction based on on-treering proxies, Energy and environment, vol. 18, n.7+8, 1049-1057.
Lyman J.M., , Willis J.K., Johnson G.C., 2006. Recent Cooling of the Upper Ocean, Geophysical Research Letters, VOL. 33, 1-15 (oceans.pmel.noaa.gov/Pdf/heat_2006.pdf)
Monterin U., 1937. Il clima della Alpi ha mutato in epoca storica?, CNR, Comitato Nazionale di Geografia, 54 pp.
Myhre, G., E.J. Highwood, K.P. Shine, and F. Stordal, 1998. New estimates of radiative forcing due to well mixed greenhouse gases. Geophys. Res. Lett., 25, 2715-2718
Reiter P., 2008. Review - global warming and malaria: knowing the horse before hitching the cart, Malaria Journal 2008, 7(Suppl 1):S3 (available from http://www.malariajournal.com/content/7/S1/S3)
Stephens G.L., 2005. Cloud feedbacks in the climate system: a critical review, Journal of climate, Vol. 18, 237-273.
Svensmark H., 2007. Cosmoclimatology, A&G, February 2007, Vol. 48, 18-24.
Wegman E.J., Scott D.W., Said Y.H., 2006. Ad hoc Committee report on the ‘hockey stick’ global climate reconstruction, 92 pp.