(C-FAM) Alla vigilia della convocazione annuale della Commissione ONU su Popolazione e Sviluppo, la Divisione ONU sulla popolazione ha rilasciato un documento che chiede un aumento dell'intervento statale sulla riduzione della fertilità nei 49 paesi che l'Assemblea Generale dell'ONU chiama "i meno sviluppati".
Il documento - “Cosa ci vuole per accelerare il declino nella fertilità dei paesi meno sviluppati?” - lamenta che “l'aumento demografico veloce, spinto dall'alta fertilità, è di ostacolo alla riduzione della povertà e al raggiungimento di altre mete di sviluppo concordate a livello internazionale.”
Gli autori, anonimi, dicono che "la fertilità dei Paesi in via di Sviluppo (Pvs) è scesa da 5,6 bambini per donna nel 1970 a 3.6 nel 1985 e ha raggiunto 2,8 bambini per donna nel 1995. Al confronto, la fertilità dei paesi meno sviluppati è scesa di appena 0,4 bambini dal 1970 al 1985 (da 6,5 bambini per donna a 6,1) e ancora nel 1995 era alto: 5,4 bambini per donna.”
Il documento afferma che i tassi alti di fertilità portano inevitabilmente a tassi più alti di povertà.
Conclusione: esiste un enorme "bisogno insoddisfatto" di pianificazione familiare nei paesi meno sviluppati. Presso le agenzie ONU, la pianificazione familiare significa esclusivamente contraccezione e aborto. Il documento dice: "I dati sulla prevalenza della contraccezione confermano che l'uso di moderni metodi contraccettivi fra le donne nei Paesi meno sviluppati resta basso, con meno del 24 per cento che usa metodi moderni.”
Il demografo ed economista Nicholas Eberstadt dell'American Enterprise Institute ha dichiarato al Friday Fax che il rapporto è "impregnato del concetto statalista e neo-malthusiano secondo cui le preferenze umane in fatto di dimensione della famiglia sono malleabili da parte del governo". In un rapporto pubblicato in Gran Bretagna nel 2007, Eberstadt ha messo in dubbio l'affermazione secondo cui un alto tasso di fertilità equivale a tassi alti di povertà. Ha fatto notare che la popolazione mondiale è quadruplicata nel XX secolo ma allo stesso tempo il PIL procapite è "più che quintiplicato."
Recentemente l'economista ha descritto la tesi del nuovo documento politico dell'ONU come "idee defunte che sono morte molto tempo fa" e ha sostenuto che il fattore più esatto per prevedere la fertilità nazionale sta nei desideri dei futuri genitori riguardo alla dimensione familiare - non la quantità o l'intensità dei programmi governativi per un maggior uso dei contraccettivi.
Eberstadt ha fatto notare che Lant Princhett, un economista di Harvard che una volta era economista di rango alla Banca Mondiale, ha argomentato in modo convincente già una quindicina di anni fa, in un grosso rapporto del 1994 pubblicato in nella rivista Population and Development Review, la principale pubblicazione del settore, qual era il fattore determinante nella dimensione della famiglia. Dopo aver esaminato i dati di numerosi sondaggi, Pritchett era arrivato alla conclusone che "nei paesi in cui la fertilità è alta, le donne vogliono altri bambini. La fertilità "in eccesso" o "indesiderata" ha un ruolo insignificante nello spiegare le differenze. Inoltre hanno poco impatto sulla fertilità fattori come l'uso dei contraccettivi, le misure per garantirne la disponibilità .... e gli sforzi per la pianificazione familiare…”
Pritchett ha anche sgonfiato uno dei temi principali del nuovo documento UNPD - il concetto di "bisogno insoddisfatto" - facendo notare che la definizione di "bisogno insoddisfatto" è molto vaga. Si calcola infatti come 'bisogno insoddisfatto' quello di tutte le donne che non vogliono subito un figlio e dicono di non usare contraccettivi, ivi comprese quelle che non li usano per motivi diversi dal costo o dalla non disponibilità dei contraccettivi (ad esempio per scarsa attività sessuale, paura degli effetti collaterali oppure obiezioni religiose). Il professore di Harvard ha definito questo calcolo "paternalistico". (traduzione di Alessandra Nucci) |