Area geografica
Chiave di ricerca
Home
Ambiente
Sviluppo
Popolazione
 
Chi siamo
Dossier
Documenti
Associazioni
Contatti
 
Iscriviti alla newsletter
 
Che tempo farà
 
 
Versione Stampabile
inserito il: 12-10-2007
Una scomoda verità su Al Gore
di Riccardo Cascioli

“Il film di Al Gore ‘Una scomoda verità’ è un’opera politica e promuove soltanto una visione parziale dell’argomento”. Queste parole del giudice dell’Alta Corte Britannica, sir Michael Burton, sono risuonate solo pochi giorni fa nell’aula di un tribunale a cui si era rivolto un genitore preoccupato per la visione del film obbligata nelle scuole del Regno Unito. Rappresentano una sintesi delle critiche piovute in questi mesi sulle affermazioni dell’ex vice presidente Usa.

Il genitore aveva presentato una denuncia per “lavaggio di cervello” e il giudice – sentita una commissione di esperti – gli ha dato ragione, obbligando gli insegnanti che proporranno il documentario a spiegare che si tratta di una fiction e non di un filmato scientifico, pena incorrere nel reato di “indottrinamento politico”. Il giudice rileva almeno 11 gravi inesattezze nell’opera di Al Gore, riconducibili a un unico metodo: quello di avere legato insieme eventi che non hanno invece relazione. Così è una grave inesattezza attribuire al riscaldamento globale lo scioglimento dei ghiacciai del monte Kilimangiaro o il prosciugamento del Lago Ciad, o peggio ancora la violenza dell’uragano Katrina e la perdita delle barriere coralline. Così come viene svelato il retroscena delle immagini di 4 orsi polari che annegano: non ha niente a che vedere con lo scioglimento dei ghiacciai, è stato invece un incidente dovuto a un violento temporale.

Negli Stati Uniti la polemica di tanti scienziati contro Al Gore vede un continuo crescendo. Ufficialmente sfidato a un dibattito pubblico per confrontare le sue tesi sul riscaldamento globale, l’ex vice presidente ha sempre rifiutato, spingendo i suoi avversari a lanciare una sfida ancora più ardita: un premio di 125mila dollari a chi saprà dimostrare con metodi scientifici che “le emissioni umane di gas serra provocheranno catastrofici cambiamenti climatici globali”. La sfida è stata lanciata già lo scorso 7 agosto con un filmato su YouTube (http://youtube.com/watch?v=LBCRStksqL0) titolato “Sei in grado di salvare Al Gore?”.

In precedenza, all’inizio dell’anno, ancora Gore era stato al centro di una dura polemica politica quando il Tennessee Center for Policy Research aveva scoperto e rivelato che, a fronte dei suoi appelli al risparmio energetico, solo per la sua villa di Nashville Gore ha consumato nel 2006 qualcosa come 221mila kilowattora, un consumo 20 volte maggiore di quello di una famiglia media americana. Se poi dovessi farne un caso personale, faccio presente che la mia famiglia consuma poco meno di 2mila kilovattora l'anno, vale a dire che Gore vanta un consumo di oltre cento volte meggiore del mio.

Anche i rapporti dell’IPCC sono al centro di dispute scientifiche e polemiche politiche. In particolare il valore delle previsioni prodotte dai modelli climatici, secondo cui per la fine del secolo si registrerà un aumento medio delle temperature tra 1,5 e 6 °C. Secondo il professor Antonino Zichichi, presidente della World Federation of Scientists (Federazione mondiale degli scienziati), i modelli usati “sono incoerenti e non validi dal punto di vista scientifico”. Critica mossa anche dal professor Hendrik Tennekes, ex direttore del Reale Istituto Meteorologico Olandese e pioniere nella progettazione di modelli scientifici, secondo cui le previsioni basate su questi modelli sono “scientificamente inconsistenti”. Altre critiche al lavoro dell’IPCC sono mosse a proposito dei dati usati. Se ne sono fatti interpreti, ad esempio, due noti geologi italiani, Franco Ortolani (dell’Università Federico II di Napoli), e Uberto Crescenti (ex presidente della Società Italiana di Geologia) secondo cui “le conclusioni dell’IPCC non hanno basi scientificamente valide in quanto si basano su dati climatici degli ultimi 150 anni e ignorano la storia del clima delle ultime migliaia di anni”.
Ma la questione più controversa che riguarda l’IPCC è probabilmente quella che riguarda la “deriva ideologica” dell’organizzazione sotto la guida di Rajendra Pachauri, come ha denunciato il noto climatologo John Zillman, australiano, dimessosi per questo motivo dall’ufficio di presidenza dell’IPCC. In precedenza, all’inizio del 2005 aveva fatto rumore la lettera aperta con cui un altro illustre scienziato, Chris Landsea, tra i massimi esperti mondiali di uragani tropicali, si era dimesso dall’organismo Onu accusando Pachauri e altri responsabili di aver intenzionalmente distorto i dati scientifici riguardanti gli uragani per promuovere la tesi del riscaldamento globale.