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inserito il: 16-3-2006
Crisi economica, problema demografico
di Riccardo Cascioli

Come va l’economia? Male. Come va l’economia? Bene. Le notizie e i commenti sull’andamento dell’economia italiana da qualche tempo vanno al ritmo di una canzone di Jovanotti. La pubblicazione di dati ufficiali  - con variazioni sempre nell’ordine dello “0 virgola” – è occasione costante di dispute e attacchi politici contrapposti, chiaramente in chiave pre-elettorale.

Questo atteggiamento – più da tifosi che da analisti - impedisce purtroppo di fare i conti con una realtà impietosa: l’economia europea (e italiana in particolare) è in netta difficoltà ormai da molti anni e, aldilà dei meriti e demeriti dei singoli governi, il fattore fondamentale di tale crisi è la denatalità.

Tale fenomeno va avanti ormai da quaranta anni, ma avvolti da una cultura ancora dominata dalle Cassandre dell’esplosione demografica, si fa fatica a rendersi conto che – almeno in Europa – siamo invece vicini all’implosione demografica, ovvero alla diminuzione effettiva della popolazione. Stando alle statistiche delle Nazioni Unite già nel 2025 Italia, Francia e Germania – oltre al Giappone - si troveranno in questa situazione.

L’Europa guida tristemente la classifica delle regioni con la più bassa natalità e l’Italia è addirittura molto al di sotto della media europea, ma sono soprattutto i dati tendenziali a chiarire la gravità della situazione: la percentuale in Europa dei minori di 15 anni sul totale della popolazione era del 26,2% nel 1950 (26,3 in Italia), del 23,7 nel 1975 (24,2 in Italia) del 17,5 nel 2000 (14,3 in Italia). E con questo trend scenderà al 13,6% nel 2025 (10,9 in Italia). Da questi dati si evince peraltro la peculiarità del “caso Italia”, dove ancora a metà degli anni ’70 la percentuale dei giovani era superiore alla media europea e oggi è addirittura inferiore di oltre 3 punti. Il nostro Paese ha perciò visto in meno di 30 anni un vero e proprio crollo nella popolazione giovanile.

Per averne conferma basta guardare all’indice di invecchiamento, ovvero al rapporto tra la popolazione ultrasessantenne e quella minore di 15 anni. Ebbene in Europa tale indice era 46,3 nel 1950 (46,5 in Italia), 69,1 nel 1975 (71,8 in Italia), 116 nel 2000 (168,5 in Italia). Vuol dire che in Italia già oggi ci sono poco meno di due ultrasessantenni per ogni minore di 15 anni. E nel 2025 l’indice di invecchiamento per l’Italia sarà di 311 contro i 211,9 dell’Europa.
Sono questi dati a spiegare la situazione economica, e anche al vertice dell’Unione Europea qualcuno comincia finalmente ad accorgersene, pur tra mille contraddizioni: il Commissario per il Lavoro e per gli Affari Sociali, Vladimir Spidla, parlando a una Conferenza internazionale di demografi lo scorso 18 luglio in Francia, ha lanciato l’allarme affermando che in Europa da qui al 2030 si perderanno 21 milioni di persone in età lavorativa e che, a causa del declino demografico, da qui al 2015 si perderà almeno un quarto della crescita potenziale del Pil.

Tale fenomeno, infatti, non incide soltanto sul sistema pensionistico, ma colpisce tutti i settori sociali ed economici: aumentano i costi sanitari e sociali, diminuisce il gettito fiscale e perciò l’erogazione di servizi, diminuisce la propensione al risparmio e diminuisce anche l’attività imprenditoriale (strettamente legata ai figli). Si perde infine in competitività, perché la forza lavoro non solo diminuisce ma anche invecchia e questo è un grave handicap in un mondo dove l’evoluzione delle modalità di lavoro è diventata velocissima grazie alle nuove tecnologie.

Le polemiche pre-elettorali, dunque, fanno soltanto perdere ulteriore tempo quando per risollevare l’economia è urgente anzitutto affrontare seriamente la questione demografica e, con essa, i temi della vita e della famiglia che ne sono il fondamento. Ma anche il dopo-elezioni non sarà necessariamente risolutivo. Nel caso di vittoria del centro-sinistra, infatti, sarà al governo una maggioranza dove c'è chi - come la Rosa nel Pugno - crede ci sia bisogno di maggiore denatalità e lavora alacremente per distruggere la famiglia e relativizzare il valore della vita.