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inserito il: 22-10-2007
Africa, gli aiuti allo sviluppo finiscono in guerra
di Anna Bono

In tutto il mondo il 16 ottobre si è celebrata la Giornata mondiale dell'alimentazione e il 17 ottobre la Giornata internazionale per lo sradicamento della povertà. Come ogni anno, le due celebrazioni istituite dall'ONU sono state occasione per fare il punto sullo stato del pianeta. 854 milioni di persone non mangiano a sufficienza - è questo il dato complessivo pubblicato dalla FAO, l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura che ha sede a Roma - e ciò significa che, per quanto costantemente in diminuzione in termini percentuali, la fame continua ad affliggere quasi un ottavo della popolazione mondiale. I risultati migliori si sono registrati in America Latina dove «soltanto» un abitante su dieci - 54 milioni di persone - soffre di carenze alimentari e dove nel 2007 il tasso di crescita economica ha raggiunto una media continentale del 5%. Anche quest'anno l'allarme maggiore riguarda invece l'Africa, dove ben un quarto degli abitanti ancora patisce la fame: 203 milioni di persone. Il bilancio si aggrava se si considera che trent'anni fa gli africani sottoalimentati erano solo 80 milioni. Pur tenendo conto dell'incremento demografico, le performance africane in fatto di lotta alla povertà sono senza dubbio le peggiori del pianeta ed è ormai scontato che il continente non realizzerà entro la scadenza del 2015 nessuno degli Obiettivi del Millennio, gli impegni di sviluppo assunti nel 2000 da tutti i Paesi membri delle Nazioni Unite.

Le giornate celebrative appena trascorse sono state anche, al solito, pretesto per puntare l'indice contro l'Occidente e accusarlo di essere responsabile della povertà persistente oltre i suoi confini e di non fare abbastanza per combatterla. Ma quest'anno i toni antioccidentali, soprattutto parlando della situazione africana, si sono almeno in parte smorzati rispetto al passato perché sono freschi di stampa i rapporti che nelle scorse settimane hanno evidenziato i danni economici e sociali causati nei Paesi in via di sviluppo, e in particolare in quelli africani, dalle guerre e dalla corruzione. Secondo la Banca Mondiale, ogni anno più di 40 milioni di dollari vengono sottratti alle casse dei Paesi poveri e finiscono nei conti personali di politici e funzionari corrotti. In Africa, poi, il rapporto presentato alla fine di settembre alla Conferenza ONU per il commercio e lo sviluppo rivela che tra il 1991 e il 2004 ogni anno sono stati esportati circa nove miliardi di euro, pari al 7,6% del PIL continentale; e, a partire dagli anni Ottanta, la fuga di capitali è stata di oltre 280 miliardi di euro, quasi il doppio del debito estero africano. Inoltre l'ammontare complessivo dei beni saccheggiati dai dirigenti politici equivale al 25% del Prodotto Interno Lordo del continente. Come se non bastasse, tra il 1990 e il 2005 le guerre sono costate all'Africa 284 miliardi di dollari, vale a dire l'equivalente degli aiuti internazionali allo sviluppo percepiti nello stesso periodo. Nel solo Uganda, ad esempio, i 20 anni di guerra contro il Lord Resistance Army, il movimento armato antigovernativo che ha imperversato nelle province settentrionali del Paese, sono costati 1,7 miliardi di dollari, 85 milioni all'anno, quasi quanto gli aiuti ricevuti nel frattempo dagli Stati Uniti. In altre parole, si è sprecato l'1,1% del PIL nazionale. Con quella somma si è calcolato che sarebbe stato possibile finanziare il maggiore ospedale della capitale Kampala per 15 anni e inoltre costruire ed equipaggiare 100 ambulatori.

Lo studio relativo ai costi delle guerre in Africa si intitola «Africa's Missing Billiond» ed è stato redatto da tre importanti organizzazioni non governative internazionali: Oxfam International, International network on small arms e Saferworld. Secondo gli autori, con i soldi consumati in conflitti armati si poteva contenere l'epidemia di Aids, che invece dilaga in tutta l'Africa subsahariana, combattere malaria e tubercolosi, le due altre maggiori epidemie del continente, garantire soddisfacenti standard di vita a milioni di persone fornendo loro acqua potabile, assistenza sanitaria e istruzione.