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inserito il: 1-2-2007
Rapporto sul Clima, la grande truffa dell'IPCC
di Fabrizio Proietti

Viene descritto come “la pistola fumante”, la prova definitiva delle catastrofi prossime venture causate dal riscaldamento globale, a meno che non si agisca immediatamente. Ma il Rapporto sui cambiamenti climatici presentato oggi a Parigi è piuttosto “il fumo senza la pistola”, una vera e propria truffa ben organizzata ai danni dell’opinione pubblica con la complicità di politici e giornalisti.

Gli scienziati dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change, il Comitato intergovernativo sui cambiamenti climatici, istituzione nata in sede di Nazioni Unite) non hanno presentato infatti il tanto atteso Quarto Rapporto, che consta di tre volumi per un totale di 1600 pagine, ma soltanto 12 misere pagine di “Sintesi per i politici”. Si tratta di un bel piatto pre-confezionato in cui si descrivono gli scenari apocalittici cui il pianeta sta andando incontro con la raccomandazione di prendere immediatamente una serie di decisioni politiche che poi – a vedere bene - hanno l’obiettivo di fare schizzare alle stelle i costi dell’energia e frenare le economie occidentali. Il bello è che nessuno potrà verificare l’esattezza di quei dati scientifici, perché il vero Rapporto - nonché l’abstract delle diverse sezioni - sarà tenuto segreto fino a maggio. Soltanto fra tre mesi infatti il Quarto Rapporto sui Cambiamenti climatici sarà reso pubblico, quando ormai l’effetto voluto dall’IPCC sarà raggiunto, con la massima pressione sui governi e sui politici che ancora resistono al Protocollo di Kyoto e alle altre misure dell’ambientalismo radicale.

Il fatto curioso è che in questi tre mesi il Rapporto sarà “rivisto e revisionato”, secondo quanto scritto nel documento dell’IPCC che spiega le procedure del Comitato. In che senso sarà rivisto? Ce lo spiega ancora, in modo inquietante, il documento dell’IPCC: “I cambiamenti fatti dopo l’approvazione del gruppo di lavoro (quello riunito da lunedì a Parigi, ndr) saranno quelli necessari per assicurarne la conformità alla Sintesi per i politici”. In pratica, prima si fa la sintesi per i politici, poi si aggiustano i dati per confermarla.
Si converrà che è un procedimento ben strano per un rapporto scientifico. Normalmente si dovrebbe presentare lo studio, così che altri scienziati possano verificarne l’attendibilità attraverso l’esame del metodo, dei dati, del procedimento usato. Poi eventualmente i politici decidono di come tenere conto di tali risultati. E invece qui si fa il contrario.

Troppo inusuale e contrario a ogni logica e al semplice buon senso per non farsi assalire dai dubbi. Dubbi che diventano certezza quando si va a indagare un po’ meglio sull’IPCC e si scopre che illustri scienziati, desiderosi di fare soltanto scienza e non politica, sono stati emarginati o costretti alle dimissioni proprio dai vertici dell’IPCC, in particolare da quelli che si sono insediati nel 2002, a cominciare dal segretario Rajendra Pachauri.
Lo dimostra la lettera con la quale Christopher Landsea annuncia il 17 gennaio 2005 le sue dimissioni dall’IPCC. Landsea, del National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA), è uno dei massimi esperti mondiali di uragani tropicali e aveva già partecipato alla stesura del Secondo (1995) e Terzo (2001) Rapporto dell’IPCC, dove veniva chiaramente dimostrato che il riscaldamento globale non ha alcun effetto sull’attività e la frequenza degli uragani, il cui andamento ciclico è rimasto invariato in questi decenni e presumibilmente lo rimarrà nei prossimi.

Senonché il 24 settembre 2004 Landsea salta dalla sedia quando le maggiori tv del mondo (con agenzie e giornali al seguito) rilanciano le dichiarazioni di Kevin Trenberth - lo scienziato nominato Autore Principale del capitolo cui lo stesso Landsea lavora - che in una conferenza stampa appositamente convocata afferma a nome dell’IPCC che gli uragani che stavano investendo le coste americane in quel periodo erano dovuti al riscaldamento globale. Verificate attentamente le fonti, cioè la registrazione integrale delle dichiarazioni di Trenberth, Landsea ingaggia una fitta corrispondenza con i vertici dell’IPCC per chiedere spiegazione di tali affermazioni che contraddicono chiaramente sia le conclusioni degli scienziati dell’IPCC sia tutta la letteratura scientifica sull’argomento.

Sconcertanti le risposte del segretario dell’IPCC, Rajendra Pachauri, che minimizza parlando di esagerazioni dei giornalisti (anche all’ONU è sempre colpa dei giornalisti!) e del diritto degli scienziati a dire la propria idea. Landsea prova a replicare con l’evidenza dei fatti: i giornalisti hanno riportato esattamente quanto detto e Trenberth ha parlato a nome dell’IPCC e non a titolo personale. Ma è evidente che si trova davanti a un muro di gomma, perciò deve scegliere: vendere la sua credibilità scientifica e umana per rimanere nell’Olimpo degli scienziati “ufficiali” del clima - quelli che vanno in tv e vengono pagati a peso d’oro dall’ONU - o rimanere uno scienziato vero e dimettersi. Landsea sceglie la seconda strada ma spiega anche ai suoi colleghi che cos’è veramente l’IPCC e perché al prossimo uragano ci spiegheranno ancora che è tutta colpa del riscaldamento globale causato dall’uomo.

Il caso Landsea non è però unico. Proprio poco dopo le dimissioni di Landsea, in Gran Bretagna il professor David Henderson, capo economista all’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico), ha testimoniato davanti alla Camera dei Lord per dimostrare i clamorosi “errori” nei modelli matematici usati dall’IPCC per svolgere le proiezioni sui futuri incrementi di temperatura, al punto che “l’IPCC non deve essere vista come una fonte scientificamente rappresentativa e autorevole”.

In precedenza, un altro noto climatologo, John Zillman, australiano, si era dimesso dall’ufficio di presidenza dell’IPCC (dove aveva seduto per molti anni) denunciandone la deriva ideologica.
Ed è facile individuare proprio in Pachauri, il segretario dell’IPCC, uno dei massimi responsabili di questa deriva.

Più volte Pachauri, ignorando il suo ruolo istituzionale, si è presentato come un attivista dell’ambientalismo che imputa all’uomo ogni problema del pianeta. Ad esempio, alla fine del 2004 firmò l’introduzione al rapporto allarmista stilato dalla britannica New Economics Foundation dichiarando poi all’agenzia Reuters che sperava che il prossimo Rapporto dell’IPCC (quello di cui si parla in questi giorni) “producesse un messaggio molto più forte”. Detto fatto. Pachauri – e chi lo sostiene al vertice dell’IPCC – ha ottenuto quanto desiderato. Ma attenzione: non è scienza, è ideologia e politica. E una truffa ai nostri danni.