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inserito il: 25-1-2007
Clima impazzito? La geologia dice di no
di Franco Ortolani e Uberto Crescenti

Alla redazione di Panorama

Abbiamo letto l’articolo apparso sul n.3 (18 gennaio) della Vostra rivista dal titolo : “2100-Addio al Belpaese” di Luca Sciortino. (...)Considerando il prestigio e la serietà di Panorama, ci teniamo ad evidenziare che non è un articolo che si prefigge di fare un’informazione scientificamente completa, aggiornata e corretta.

Nell’articolo, infatti, vengono fornite notizie sulle variazioni climatiche e sulle conseguenze sul nostro Paese in particolare, con una certezza di risultati catastrofici basata su modelli astratti, lanciati  dall’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) nel 2001, che non hanno una base di conoscenza dell’evoluzione climatico-ambientale dell’Area Mediterranea.
Precisiamo subito che tali modelli, elaborati da climatologi, si basano essenzialmente su circa 150 anni di dati climatici strumentali; è evidente che questi 150 anni non hanno un “passato climatico” in quanto non tengono conto della storia del nostro Pianeta, conservata negli archivi naturali, che solo con le scienze geologiche può essere indagata e compresa.

Facciamo presente, per pura e semplice serietà scientifica e onestà intellettuale, che dal 2001 ad oggi sono stati pubblicati i risultati di molte ricerche basate sullo studio dei geoindicatori, conservati splendidamente negli archivi naturali del bacino mediterraneo, che hanno consentito di ricostruire una dettagliata storia del clima e dell’ambiente delle ultime migliaia di anni.
Durante il Congresso Internazionale di Geologia dell’Agosto 2004 tenutosi a Firenze, proprio sulla base delle più recenti ricerche, sono state presentate in una documentata tavola rotonda  sul Rischio Climatico per l’Area Circummediterranea, numerose relazioni scientifiche sulla ciclicità naturale delle modificazioni climatico-ambientali evidenziando, in particolare, la rapidità con la quale 1000 anni fa si è verificata una variazione del clima e dell’ambiente del tutto simile a quella che si sta realizzando a partire dal 1750.

Altro dato emerso, e chiaramente conservato negli archivi naturali, è la evidenza di vere e proprie “soglie ambientali” che sottolineano insospettati ed improvvisi cambiamenti che rapidamente (decine di anni) hanno determinato drastiche modificazioni delle precedenti condizioni. Ad esempio, durante il periodo caldo medievale, in circa 170 anni dal 1100 al 1270 circa, solo nelle zone costiere del Mediterraneo centro-meridionale sono stati prodotti circa 100 miliardi di chilogrammi di Carbonato di Calcio che sotto forma di frammenti di gusci hanno alimentato le spiagge. Tale dato evidenzia il ruolo strategico, finora non valutato, avuto dai mari e oceani nella sottrazione di anidride carbonica dall’atmosfera; consente di prevedere che nel prossimo futuro le acque marine comprese tra circa 41° Nord e 41° Sud riprenderanno a sottrarre significativi volumi di CO2 contribuendo sensibilmente alla naturale riorganizzazione degli equilibri dell’atmosfera.

I geoindicatori hanno consentito di ricostruire che vi fu un periodo caldo medievale con massimo riscaldamento tra il 1100 e il 1270 circa; le modificazioni geoambientali principali che hanno interessato l’Area Mediterranea sono individuabili in una vera e propria desertificazione lungo le aree costiere fino alla latitudine di circa 41° nord. Il riscaldamento a partire dal 1000 fu interrotto bruscamente da una periodo di circa 30 anni, tra il 1020 e 1050 circa, da una serie di catastrofi idrogeologiche; dal 1050 al 1100 la temperatura media si sollevò rapidamente di circa 1°.

Le ricerche innovative di geoarcheologica ambientale hanno consentito di individuare una significativa correlazione tra le modificazioni dell’attività solare pluridecennale e le variazioni climatico-ambientali. Ad esempio, le catastrofi idrogeologiche che hanno interessato l’Europa tra il 1020 e il 1050, sono avvenute durante il minimo solare di Oort; il massimo riscaldamento tra il 1100 e il 1270 si è verificato durante il noto massimo solare medievale.
Anche l’evoluzione ambientale successiva è strettamente correlata alla progressiva diminuzione dell’attività solare che ha provocato un drastico raffreddamento globale che è culminato con la Piccola Età Glaciale in corrispondenza dei minimi di Sporer (dal 1420-1450 al 1570-1550) e Maunder (dal 1645 al 1715). I ghiacciai alpini che durante il periodo caldo medievale erano quasi scomparsi si sono progressivamente ampliati raggiungendo la massima estensione alla fine del 1800. Alla fine del Minimo di Maunder si registra una netta ripresa dell’attività solare che sta progressivamente aumentando tanto è vero che gli specialisti già parlano di un nuovo massimo. Dal 1750 circa l’ambiente mediterraneo è interessato da una significativa modificazione caratterizzata da un progressivo incremento della temperatura media e delle precipitazioni fino alla fine del 1800. Tale situazione ha determinato il completamento della costruzione delle aree costiere e delle spiagge che hanno registrato un significativo ampliamento durante un periodo di circa 150 anni, caratterizzato dalle più abbondanti piogge degli ultimi 1000 anni.

Inoltre la geologia applicata ai ritrovamenti archeologici lungo le coste del Mediterraneo ha permesso di dimostrare che negli ultimi 2500 anni (non milioni, né miliardi) si sono succeduti periodi freddo-umido e periodi caldo-aridi con significativa ciclicità. Così tra i primi ricordiamo la piccola età glaciale arcaica (circa 520-350 a.c.), la piccola età glaciale alto-medievale (circa 500-700 d.c.), la piccola età glaciale(circa 1850-1500), tra i secondi l’incremento dell’effetto serra romano (circa 100- 350 d.c.), l’incremento dell’effetto serra medievale (circa 1100-1270-d.c.). Il passaggio da un periodo freddo ad uno caldo e viceversa è avvenuto attraverso un periodo di transizione variabile da alcune decine a poche centinaia di anni. Per quanto ci riguarda, il periodo iniziato nel 1750 rappresenta la fase di transizione verso il periodo caldo (incremento dell’effetto serra) che si sta realizzando naturalmente secondo la ciclicità millenaria.

La limitazione del dibattito alla sola possibilità di ridurre l’immissione di gas nell’atmosfera, individuando in tale prospettiva la unica possibilità di “salvare” il Pianeta dagli effetti nocivi della modificazione climatica, appare scarsamente sostenibile scientificamente. Le variazioni climatiche sono sempre avvenute nel passato anche quando l’effetto uomo non esisteva. Sono avvenuti riscaldamenti e modificazioni ambientali significative anche quando l’atmosfera non era inquinata dalle emissioni connesse alle attività umane.

E’ evidente che si deve avere la capacità scientifica e l’onestà intellettuale di distinguere le modificazioni climatico-ambientali naturali dall’inquinamento antropogenico dell’atmosfera.
Alla luce dei risultati ricavati dallo studio degli archivi naturali dell’Area Mediterranea, archivi che evidentemente i consulenti italiani dell’IPCC citati nell’articolo non conoscono ancora, è possibile l’elaborazione di documentati, e non virtuali, scenari ambientali relativi alle modificazioni del prossimo futuro.
E’ evidente che la situazione è più grave di quanto immaginato nell’articolo perché la modificazione climatico-ambientale si sta verificando e intensificando naturalmente come previsto dalla ciclicità millenaria e si può prevedere che durerà per un periodo di almeno 150 anni. Quindi, anche senza alcun inquinamento atmosferico antropogenico si continuerà a determinare un incremento dell’effetto serra come accaduto 1000 anni fa.

In tale situazione si deve evitare di inquinare ulteriormente l’atmosfera per non aggravare le modificazioni ambientali che già 1000 anni fa sono state connesse ad una traslazione verso nord di alcuni gradi delle attuali fasce climatiche.
Alla luce dei dati sinteticamente esposti si evince che una corretta informazione scientifica deve sottolineare due aspetti fondamentali dei problemi connessi al “cambiamento del clima e dell’ambiente”.
Nell’Area Mediterranea si stanno già manifestando i cambiamenti ambientali che continueranno ad accentuarsi: quindi vanno individuati gli interventi concreti per mitigare gli impatti negativi e per preparare l’ambiente ad affrontare le nuove condizioni.

Vanno attuati interventi a scala mondiale per ridurre l’inquinamento atmosferico. E’ evidente che continuare ad attribuire la responsabilità del cambiamento climatico alle sole attività umane è scorretto scientificamente e quanto meno fuorviante e sospetto.
Si corre il serio rischio di fare credere che solo intervenendo sulle attività industriali e umane in genere si può combattere contro i cambiamenti ambientali. Ciò provocherebbe la concentrazione degli investimenti pubblici comunitari solo nell’ammodernamento tecnologico delle nazioni che più hanno inquinato e che si trovano prevalentemente al di fuori dell’Area Mediterranea.
E’ evidente che articoli come quello di Luca Sciortino contribuiscono a divulgare scorrette informazioni facendo credere che i cambiamenti del clima e dell’ambiente, attesi per il prossimo futuro, sono provocati esclusivamente dalle attività umane.

Sulle modificazioni climatiche in tempi storici è assai istruttivo leggere il volume “Clima e Uomo” di Dario Camuffo (ed. Garzanti), in cui con documentazione di assoluto rigore scientifico, l’autore riferisce sui rapporti tra le variazioni climatiche , lo sviluppo e la scomparsa di antiche civiltà.
In conclusione, in relazione al dibattito in corso, si sottolinea che le sole certezze circa la storia del clima e dell’ambiente, sono quelle deducibili dallo studio geologico del passato del nostro Pianeta; senza conoscere l’evoluzione del clima e dell’ambiente nel passato, nessuna scienza attualmente può fare proiezioni future valide e scientificamente sostenibili.