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inserito il: 19-1-2009
GUIDI: PREVISIONI CLIMATICHE? ROBA DA STREGONI
di Riccardo Cascioli

E’ inverno, fa molto freddo e sembra una notizia sconvolgente. Probabilmente perché siamo talmente suggestionati dall’idea del riscaldamento globale da ritenere che anche l’inverno debba essere necessariamente mite. Ma c’è chi sostiene che anche il freddo di queste settimane (nevicate eccezionali al nord, grandi piogge e venti al sud) sia da attribuire ai cambiamenti climatici. “In realtà non c’è alcuna relazione provata tra riscaldamento globale ed eventi meteorologici estremi”, ci dice Guido Guidi, volto noto del meteo Rai e studioso del clima. Guidi è uno dei 4 italiani presenti nel recente Rapporto al Senato americano che contiene la citazione dei lavori di oltre 650 scienziati di tutto il mondo considerati “dissidenti” rispetto alla teoria del riscaldamento globale antropogenico (ovvero causato dall’uomo) ed è l’autore di un blog sul clima molto seguito dagli addetti ai lavori, “Climate Monitor”.

Forti nevicate al Nord, venti forti e piogge torrenziali al sud. Si dice che gli eventi estremi si stiano intensificando.
Non c’è nessuna indicazione di aumento degli eventi estremi. Se guardiamo all’Italia possiamo dire che c’è una generica tendenza al cambiamento nelle precipitazioni, più concentrate in tempi brevi, ma questo significa ben poco. Il discorso sugli eventi estremi è molto condizionato dal film di Al Gore che ha legato il disastro dell’uragano Katrina ai cambiamenti climatici. Non solo si tratta di una relazione inesistente, ma in realtà Katrina era un uragano di forza 3, ovvero di potenza media (la scala degli uragani va da 1 a 5), e l’effetto disastroso è stato causato dalla zona depressa che ha colpito, dove gli argini già esistenti non erano stati adeguatamente rinforzati.

Torniamo al clima. C’è questo riscaldamento o no?
L’unica certezza che abbiamo riguardo al clima è che le temperature globali sono in media aumentate, ma è difficile dire di quanto.

Tutti ripetono 0,6-0,7°C in 120 anni. Perché lei dice che è difficile dire di quanto?
Perché la rete di osservazione comporta molti problemi. Intanto all’origine è stata pensata per  la navigazione aerea, cioè per scopi diversi rispetto allo studio del clima; poi la maggior parte delle stazioni sono molto recenti – 10-15 anni –, vale a dire che non è possibile avere serie storiche attendibili. C’è quindi un grosso problema di disomogeneità sia per la strumentazione sia per la localizzazione. Basti pensare all’urbanizzazione che in molti casi è avvenuta intorno alle stazioni di rilevamento: sappiamo che in questo modo cambia il microclima con evidenti difficoltà per rendere omogenee le serie storiche. Se questo è difficile per l’Italia figurarsi a livello globale. Sia perché sono quasi completamente assenti le rilevazioni dei dati sulle superfici marine, che pure coprono i ¾ del globo. Sia perché anche sulla terra ferma la distribuzione della rete è cambiata notevolmente. Dall’inizio degli anni ’90 su base globale i punti di osservazione sono diminuiti dei 2/3. La maggior parte della diminuzione è nella Siberia e nel resto dell’Est europeo, ovvero coincide con il crollo dei regimi comunisti: gli eventi politici ed economici accaduti allora hanno ovviamente messo in secondo piano la raccolta dei dati sulle temperature. E’ chiaro allora che avere un quadro preciso è molto difficile.

Messa così sembra impossibile anche poter dire se fa più caldo o fa più freddo.
Non esattamente. Un esame attento dei dati a disposizione permette di dire che sulla carta c’è un aumento, ma ci sono forti dubbi che i numeri possano essere questi. E’ che per essere onesti, quando si fanno affermazioni sul clima, a cominciare dalle temperature, bisognerebbe sempre fare una premessa: “Sulla base di quel che sappiamo, e non è molto, ….”. Quindi, stante un margine di errore possiamo dire che c’è una tendenza all’aumento.

Qualcuno sostiene che dal 1998 le temperature non sono più aumentate.
Non “qualcuno”, è ciò che risulta dai database mondiali che al proposito sono tutti concordi.

C’è dunque un’autorità ufficiale in materia?
Ci sono soprattutto due centri di riferimento che elaborano tutti i dati disponibili a livello mondiale. Uno è l'Hadley Centre della University of East Anglia (Gran Bretagna), che è anche centro di riferimento per l’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), l’organismo creato dall’Onu protagonista di tanti allarmi; l’altro è la Nasa in cooperazione con la Noaa (National Oceanographic and Atmospheric Administration).

E queste sono concordi sullo stop del riscaldamento?
Non solo dal 1998 la temperatura globale non è più aumentata ma dal 2001 si riscontra una leggera inversione di tendenza. Ma l’intervallo di tempo è ancora troppo breve per poter tirare conseguenze dal punto di vista climatico.

Allora come è possibile affermare che tra 50-100 anni la temperatura aumenterà dei 2 ai 6 gradi?
Infatti da un punto di vista scientifico è un’affermazione priva di senso. Si tratta di proiezioni che si fanno al computer con modelli di previsione climatica, una volta immessi non solo i dati disponibili ma anche una grossa dose di assunzioni non verificabili. Del resto, come si può dare credito a proiezioni sul lungo periodo quando nel breve e medio sono già state smentite? Le proiezioni di temperatura si fanno già dal 1998-99. Ebbene in questi dieci anni, rispetto alle previsioni le temperature sono andate in un’altra direzione.

Parla di assunzioni non verificabili…
Facciamo un esempio: la questione della sensibilità climatica, ovvero di quanto il clima è sensibile a certi fenomeni. Oggi si parla tanto di gas serra, soprattutto di anidride carbonica (Co2). E si calcola che un dato aumento di Co2 provochi un dato aumento di temperature, e già qui c’è un problema perché la cosa non è così semplice. Ma pur ammettendo che questo assunto sia credibile, come faccio a sapere quanta Co2 sarà emessa dalle attività umane tra 50-100 anni? Devo basarmi su una combinazione di stime che riguardano l’aumento di popolazione, lo sviluppo economico, l’evoluzione sociale e via di questo passo. In pratica si fa una proiezione delle proiezioni, il che lascia capire quanto ciò sia attendibile.

Sembra di capire che neanche il rapporto tra Co2 e temperature sia così scontato.
Infatti. Basta pensare che dei famosi 0,7°C di aumento di temperature in 120 anni, il maggior incremento si è avuto all’inizio del XX secolo quando la concentrazione di Co2 era decisamente più bassa rispetto ad oggi. Se poi andiamo a vedere gli studi di paleoclima, svolti attraverso i carotaggi del ghiaccio, vediamo che l’aumento della Co2 ha sempre seguito l’aumento della temperatura e non viceversa. Peraltro questi aspetti lasciano anche capire che imputare i cambiamenti climatici all’attività umana è quanto meno discutibile. Dal punto di vista fisico-chimico poi, sappiamo che l’aumento della Co2 ha un andamento logaritmico, vale a dire che più la Co2 aumenta più limitato è il suo eventuale effetto sulla temperatura. Quindi anche un raddoppio della concentrazione di Co2 nell’atmosfera avrebbe poco effetto sulla temperatura.

I teorici del riscaldamento globale sostengono però che può bastare anche poco per superare il “punto di non ritorno”.
Il clima è un sistema caotico, non conosciamo effetti di retroazione. In altre parole, da un punto di vista scientifico non si giustifica il “punto di non ritorno”. Poi, all’attuale stato di conoscenza, ci sono fenomeni che possono avere esiti opposti.

Può fare un esempio?
L’aumento delle temperature può agire in due modi: da una parte, aumentando l’evaporazione delle acque provoca un aumento di vapore acqueo che è il principale gas serra; il che farebbe da moltiplicatore dell’aumento delle temperature. Ma una maggiore evaporazione può formare anche maggiore nuvolosità, e quando le nuvole sono basse fanno da schermo al sole, perciò hanno un effetto di raffreddamento.  Il risultato dei modelli di previsione climatica dipende anche dalla scelta di privilegiare un aspetto invece dell’altro. Ma in base a cosa scelgo?

Però, visto che il riscaldamento comunque c’è, se continuasse nei prossimi decenni ci sarebbe da aspettarsi le catastrofi di cui tanto si parla?
Quando si parla di catastrofi inevitabili si dà per scontato, ad esempio, che un aumento diciamo di 2 gradi provocherà la fusione dei ghiacciai che a loro volta aumenteranno il livello dei mari e così via. Ma nel passato, neanche troppo lontano, abbiamo avuto temperature medie anche di 2-3 gradi superiori a quella attuale e non è mai accaduto nulla di quanto dicono oggi certi teorici. La storia ci dimostra proprio il contrario: mille anni fa abbiamo avuto il caldo medievale, un periodo molto più caldo del nostro, che ha coinciso con un fiorente sviluppo della civiltà. Cinquecento anni fa è invece iniziata la piccola era glaciale, ed è stato un periodo oscuro caratterizzato da cattivi raccolti, carestie. E’ questo anche il periodo in cui sono scoppiate le più gravi epidemie come la peste. Storicamente sono i periodi più freddi quelli più problematici per la vita umana, non quelli più caldi.