In Africa sta crescendo un'ennesima generazione di bambini ammalati e denutriti; tanti muoiono prima di diventare grandi, molti di quelli che sopravvivono non saranno adulti sani e soffriranno per tutta la vita. Più di 88 bambini africani su mille muoiono prima di compiere un anno; 160 su mille non superano i cinque anni. Questi sono i valori medi: in Sierra Leone le percentuali salgono rispettivamente a 177 e 284 per mille; in Congo RD a 119 e 205 per mille, vale a dire, sìondo calcoli dell'Unicef, 530.000 bambini ogni anno. I dati forniti dall'OMS nel corso del vertice continentale svoltosi nel Benin il 24 settembre scorso indicano che nel 50 per cento dei casi la morte è dovuta a malnutrizione e denutrizione: il 30 per cento dei piccoli africani, circa 30 milioni, non mangiano abbastanza e questo rende i loro organismi estremamente vulnerabili a malattie quali la diarrea e le infezioni respiratorie e incapaci di reagire ad altre come la malaria che nell'Africa subsahariana, dove si concentrano circa il 90 per cento dei casi registrati nel mondo, uccide il 20 per cento dei bambini di età inferiore a cinque anni, costituisce la prima causa di dìesso infantile 96 uno ogni 30 sìondi 96 ed è responsabile del 40 per cento dei ricoveri ospedalieri. Ma il flagello dei bambini africani ormai si chiama Aids. Il 70 per cento del totale mondiale dei sieropositivi, oltre 25 milioni di persone, abita nell'Africa subsahariana e la percentuale sale al 90 per cento se si considera la fascia d'età da 0 a 15 anni. Si ritiene che nel 2003 siano stati contagiati tre milioni di africani e ne siano morti 2,2 milioni. Due altri dati, infine, consentono di capire appieno quanti danni l'epidemia stia causando e le loro future ripercussioni. Il 7,5 per cento degli africani di età compresa tra 15 e 49 anni è sieropositivo (mentre la percentuale mondiale è dell'1,1 per cento) e circa il 57 per cento dei sieropositivi africani è di sesso femminile. L'Hiv colpisce quindi duramente la popolazione in età lavorativa e riproduttiva e spìialmente le donne. Nel 2003 aveva già provocato oltre 12 milioni di orfani e si stima che ogni anno 620 mila bambini muoiano per aver contratto il virus alla nascita o durante l'allattamento, mentre è pressoché incalcolabile il numero di quelli privati a causa dell'Aids del sostegno di un familiare sano, in grado di provvedere ai loro bisogni. Tra i tanti effetti negativi dell'epidemia sui bambini va annoverato anche il tendenziale abbassamento dell'età media del matrimonio per le donne. Le adolescenti e le bambine offrono infatti maggiori garanzie di non aver ancora contratto il contagio e perciò sono più richieste. L'istituzione del "prezzo della sposa" (la moglie si acquista corrispondendo ai suoi familiari un importo concordato con il capofamiglia) induce perciò molti genitori a vendere figlie sempre più giovani per ottenere compensi più elevati. Aumenta così il numero dei rapporti sessuali e delle gravidanze prìoci e con esso malattie, invalidità e mortalità materna e infantile: ogni anno nel mondo muoiono per complicazioni insorte durante la gravidanza e il parto 70.000 adolescenti, per la maggior parte africane. Per le bambine africane un'ulteriore fattore di rischio mortale e una causa certa di invalidità e sofferenza permanenti sono costituiti dalle mutilazioni genitali femminili. Ogni anno da due a tre milioni di bambine, prevalentemente africane, subiscono un intervento di escissione o di infibulazione e vanno ad aggiungersi ai 135 milioni di donne mutilate già esistenti. In certi paesi 96 ad esempio, Guinea Bissau e Somalia 96 il 98 per cento della popolazione femminile è mutilata. Le mutilazioni vengono eseguite quasi sempre prima dell'adolescenza, anche pochi giorni dopo la nascita. C8 noto che durante gli interventi si verificano spesso complicazioni anche mortali, soprattutto infezioni ed emorragie, e fratture spìie degli arti superiori allorché le bambine si divincolano per cercare di sottrarsi alla stretta di chi le immobilizza. L'indurimento delle parti lese, le cistiti, le infezioni ricorrenti dovute al ristagno dei liquidi organici che non riescono a defluire rendono il parto più travagliato e pericoloso per la madre e per il nascituro. Pur escludendo le lesioni e le patologie causate dalle mutilazioni genitali femminili, l'Oms ritiene che, alle condizioni attuali, la speranza di vita in buone condizioni di salute sia inferiore a 35 anni almeno in diìi paesi dell'Africa subsahariana e ancora più bassa in alcuni altri, tra cui Sierra Leone, Malawi e Zambia. |