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› La donna nella cultura africana
 
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Influenze esterne
di Anna Bono

Secondo la tradizione, nessun africano, a meno che sia destinato a ricoprire alcuni dei rari status del tutto eccezionali che escludono il matrimonio, può vivere da solo, senza contribuire alla riproduzione del proprio lignaggio dando origine a un’unità famigliare prolifica. Però un maschio, purché sia disposto ad assumere lo status che gli compete, ricava dal matrimonio tutta la sicurezza e gli onori che spettano ai capofamiglia del suo lignaggio. La donna invece con il matrimonio passa dal lignaggio natale, che la considera una risorsa temporanea poiché se ne andrà sposandosi, a quello del marito, dove si definisce il suo status di asservimento.

Nel corso dei secoli lo scenario africano forse non è cambiato molto, se non dove, sui modelli di famiglia e di società descritti, hanno esercitato una certa influenza altre culture: in particolare, quella araba e quella europea che hanno diffuso in Africa rispettivamente la religione islamica e quella cristiana.

L’islam, la cultura araba e i loro valori non sono entrati in conflitto con quelli tribali, almeno per quanto riguarda molti aspetti essenziali della vita famigliare e sociale: ad esempio, l’assoggettamento delle donne all’autorità maschile e quello dei giovani ai maschi anziani e in generale l’assenza di diritti naturali.

L’islam ha corretto alcune istituzioni tradizionali africane prescrivendo nuove regole: ad esempio, dispone che un uomo non possa avere più di quattro mogli contemporaneamente, mentre gran parte delle tribù africane non pongono limiti del genere. Ha ammesso altre istituzioni senza modificarle: è il caso dell’escissione e dell’infibulazione. Queste due pratiche, in effetti, garantendo il controllo delle funzioni riproduttive femminili, agli occhi di un islamico sono utili, se non indispensabili, e non contrastano con i suoi valori fondamentali. Dove mancavano, l’islam ha introdotto l’ossessione per la verginità e per la fedeltà coniugale femminili, che tuttora caratterizza questa religione.

Accettando le istituzioni tradizionali, l’islam le ha rafforzate agli occhi dei convertiti che le considerano sacre, inviolabili e immutabili non più soltanto perché dettate originariamente dagli antenati fondatori, ma anche perché volute da Dio e da questi indicate all’ultimo dei profeti, Maometto.

Ben diverso è stato l’impatto dell’Europa e del cristianesimo con le tradizioni del continente africano. L’evangelizzazione e la colonizzazione europea hanno infatti introdotto principi inconciliabili con quelli tribali fondanti: prima di tutto la centralità della persona umana, quindi i diritti naturali, la parità di tutti gli uomini davanti a Dio e davanti alle leggi, il valore supremo attribuito alla libertà.

Le autorità coloniali e i missionari cristiani non potevano approvare, pur tollerandole spesso di fatto, gran parte delle istituzioni famigliari tribali – la poliginia, il matrimonio forzato, il prezzo della sposa, il matrimonio infantile, l’esclusione delle donne dall’eredità, le mutilazioni genitali e via dicendo – e forse ne hanno accettate altre, ad esempio lo status del maschio capofamiglia, senza capire del tutto le funzioni.