Per tradizione, in Africa, a causa del valore supremo attribuito alla riproduzione inalterata nel tempo dei comportamenti adottati dagli antenati fondatori, e trasmessi ai loro discendenti di generazione in generazione, ogni azione e ogni evento, ordinari e straordinari, sono regolati nei minimi dettagli. La descrizione della vita tradizionale africana è quindi un elenco di prescrizioni e divieti. In pratica tutto ciò che non è imposto è proibito: il verbo "dovere" ricorre di continuo. Dire di un’etnia, ad esempio, che è patrilocale, e quindi che i figli maschi del capofamiglia devono vivere con il padre dopo il matrimonio, non rende affatto l’idea delle intricate regole che la struttura del più piccolo degli insediamenti deve rispettare. Lo status di ogni capofamiglia e l’ordine di nascita dei suoi figli maschi sposati stabiliscono la posizione delle loro rispettive abitazioni; spesso ai maschi non più bambini, ma non ancora sposati è riservata una residenza a parte, situata anch’essa in un preciso punto dell’insediamento; l’interno della più semplice delle capanne e lo spazio che la circonda sono organizzati in zone maschili e femminili; ognuna delle mogli di un uomo ha una camera o un’abitazione anch’esse assegnate in base allo status del marito. La tradizione decide allo stesso modo ogni aspetto dell’esistenza a seconda della posizione sociale di ciascuno: quando, con chi e che cosa si deve e si può mangiare e bere; come vestirsi e adornarsi, come curare e abbellire viso e corpo; come, quando, con che cosa e con chi si lavorare... L’osservanza delle consuetudini – che si tratti dello svolgimento di riti matrimoniali, di iniziazione e funebri o di norme relative all’abbigliamento e all’alimentazione oppure di status, ruoli e funzioni – è garantita da potenti strumenti di controllo. È infatti credenza universale che alterare con atti, parole ed omissioni il comportamento tradizionale scateni la collera degli antenati fondatori e delle potenze soprannaturali custodi delle norme. Qualsiasi trasgressione rende impuro chi la compie, anche quando è involontaria e inconsapevole (ad esempio, nel caso si mangi un cibo proibito senza saperlo), lo stato di impurità in certi casi si estende ai famigliari del trasgressore e a tutta la sua comunità e la punizione è immediata e inevitabile, a meno che vi sia modo e tempo di evitarla mediante riti di purificazione e di espiazione. Che nell’ambito di una comunità nessuno violi le regole è quindi interesse di tutti e le condizioni abitative prevalenti consentono a ciascuno di sorvegliare il comportamento altrui giorno e notte: tanto nei piccoli insediamenti composti da unità familiari costanti quanto nei centri urbani di grandi dimensioni dove le etnie e, se riescono, i lignaggi si insediano in case, strade e quartieri distinti ricreando per quanto possibile l’organizzazione e la struttura tribale e familiare tradizionale. |