Per disporre delle funzioni procreative e amministrarle, la comunità prima di tutto deve poter impedire ai propri componenti di sposarsi liberamente. Il matrimonio forzato o imposto o combinato permette ai parenti di una persona di sceglierne il coniuge. In certe società anche gli uomini, almeno al primo matrimonio, devono accettare la volontà della famiglia, ma l’istituzione riguarda più di frequente le donne. Il grado di violenza subita dipende da diversi fattori, uno dei quali è l’età. Il matrimonio infantile o comunque precoce è praticamente sempre combinato e comporta numerose conseguenze negative soprattutto per le femmine: dal mancato completamento dell’istruzione scolastica alle gravidanze precoci con rischi elevati per la salute di madri e figli.Dote e prezzo della sposa si associano spesso al matrimonio combinato. Di solito, comunque, la presenza di queste due istituzioni implica che, quand’anche sia consentita la libera scelta del coniuge, la stipulazione del contratto matrimoniale dipende dal consenso dei parenti dei due contraenti ed è subordinata al raggiungimento di un accordo sull’ammontare da corrispondere. L’istituzione della dote richiede che per sposarsi una donna debba portare al marito dei beni, di solito forniti dalla sua famiglia. Al contrario il prezzo della sposa è l’importo che un uomo, o la sua famiglia, deve corrispondere in cambio di una moglie. In entrambi i casi, è evidente che la volontà di chi paga prevale su quella di chi è oggetto di scambio. La poliginia consente, e in certe circostanze impone, a un uomo di avere più di una moglie. Le regole di questa istituzione variano da etnia a etnia, ma quasi sempre prevedono una gerarchia tra le co-mogli. Il "potere contrattuale" di ogni donna, in una famiglia poliginica, dipende inoltre dalla sua prolificità e dalla considerazione in cui è tenuta dal marito. Anche nella meno conflittuale delle situazioni le co-mogli sono concorrenti nella spartizione delle risorse familiari. Il controllo delle facoltà procreative delle donne è assicurato da diverse altre istituzioni. Una delle più lesive dell’integrità fisica e morale della persona umana è l’istituzione delle mutilazioni genitali femminili. Le più diffuse sono l’escissione e l’infibulazione. Entrambe servono a impedire che le donne abbiano rapporti sessuali non ammessi e quindi a garantire che generino figli soltanto per gli uomini ai quali appartengono e per le loro famiglie. Due istituzioni islamiche – l’harem e il velo – svolgono la stessa funzione separando maschi e femmine e, nei luoghi pubblici, nascondendo l’aspetto di queste ultime agli occhi di uomini estranei. L’harem relega le donne in casa e, se possibile, in spazi domestici inaccessibili agli estranei. Nella forma più rigorosa dell’harem le donne non escono se non raramente, sempre velate e accompagnate dai parenti maschi o da dipendenti incaricati di vigilare su di loro. Il velo va dall’obbligo di indossare un copricapo almeno durante le ricorrenze islamiche al burka che occulta tutto il corpo femminile, inclusi piedi e mani, e scherma parzialmente anche gli occhi. Di norma ogni comunità chiede alle donne di adeguarsi alla propria corrente interpretazione della prescrizione. L’obbedienza delle donne si ottiene anche incutendo loro paura. Di norma nelle società patriarcali si ritiene che un buon capofamiglia non soltanto possa, ma debba punire la moglie che non soddisfa i bisogni familiari e lo stesso vale per tutti i congiunti che gli sono sottoposti. Ciò che nel loro comportamento si reputa una mancanza intollerabile e l’entità della pena inflitta variano da cultura a cultura, ma le punizioni fisiche non sono mai escluse: dalle percosse…agli acidi che sfigurano il volto delle donne ribelli. Una donna che mostra in pubblico di non obbedire agli ordini del capofamiglia, che desta il sospetto di intrattenere rapporti illeciti, anche non sessuali, con uomini estranei o ancora che subisce uno stupro compromette seriamente l’onore della propria famiglia: in questi casi alcune società prescrivono l’omicidio, il cosiddetto "delitto d’onore" che ovviamente non è considerato un "delitto", bensì un atto benefico. L’ultima istituzione considerata è il ripudio. In società che non prevedono per le donne altro status che quello di madre, per una moglie l’eventualità di un ripudio – la decisione unilaterale di un uomo di sciogliere il proprio legame coniugale con una donna – è una minaccia costante e può essere temuta più della morte. La donna respinta disonora la propria famiglia, nel caso sia stato pagato il prezzo della sposa la mette nella sgradita situazione di doverlo restituire e rappresenta comunque un peso indesiderato. Perdere lo status di moglie, specie se il ripudio è dovuto al fatto di essere sterile, può essere la peggiore delle disgrazie. |