Una preoccupazione associata allâ??introduzione degli OGM in agricoltura riguarda la possibilità che i transgeni possano modificare il DNA del consumatore. Nel tratto intestinale il DNA è rapidamente degradato. Malgrado
questo, le cellule dello stomaco e dellâ??intestino potrebbero assorbire frammenti di DNA di grandezza tale da contenere interi geni come riportato in letteratura . Tuttavia, come gli stessi ricercatori dimostrano, questa caratteristica non è unica dei transgeni, infatti tutto il DNA ingerito subisce il medesimo processo.
Resistenza agli antibiotici
Alcuni OGM in commercio, oltre al gene di interesse, contengono un gene che conferisce la resistenza a un antibiotico. Anche se lâ??uso di questi geni verrà gradualmente abbandonato, il 90% delle piante transgeniche oggi autorizzate possiede il gene nptII che conferisce resistenza alla kanamicina. Il restante 10% è resistente ad altri due antibiotici: ampicillina (bla) e igromicina (hpt). Questi antibiotici sono comunque scarsamente usati in terapia o perché tossici anche per lâ??uomo (kanamicina e igromicina) oppure perché la resistenza è già da lungo tempo largamente diffusa tra i microrganismi. La probabilità quindi che un agente patogeno per lâ??uomo acquisisca il gene di resistenza dai batteri già presenti nellâ??intestino o nel suolo è di gran lunga superiore alla probabilità di acquisirlo da alimenti ricavati da piante transgeniche. La frequenza di trasformazione (numero di cellule trasformanti/numero di cellule esposte a DNA transgenico) tra batteri, in condizioni di laboratorio, è di 1 x 10-5 , pari cioè a un caso su 100.000, mentre la frequenza di trasformazione dello lo stesso gene da una foglia a un batterio è di circa 1 x 10-8, pari a un caso su 100 milioni. Questa considerazione fa pertanto ritenere altamente improbabile il trasferimento di resistenze dalle piante GM ai batteri del suolo e dellâ??intestino31. Sono comunque già da molti anni in commercio OGM privi di geni di resistenza agli antibiotici. Il MON810, che rappresenta circa lâ??80% del mais GM coltivato, non contiene alcun marcatore di selezione.
Effetti a lungo termine
Il problema della sicurezza alimentare degli OGM nel lungo periodo è un tema molto controverso. Nella comunità scientifica è stato a lungo dibattuto anche in sedi istituzionali come FAO e WHO32 . Al termine della discussione, alla luce delle esperienze accumulate non solo in tema di OGM, si è giunti alla conclusione che non esistono evidenze che correlino peculiari effetti tossicologici agli organismi GM, pertanto la probabilità che esistano effetti a lungo termine differenti da quelli associati alle piante convenzionali non appare sostenibile. La consultazione presso il WHO e lâ??Unione europea ha comunque messo in evidenza la necessità di effettuare studi tossicologici e di monitoraggio protratti a lungo per garantire una maggior sicurezza di un qualsiasi alimento.
Alimentazione animale
Molti sono gli studi condotti sullâ??impatto di specifici OGM nellâ??alimentazione animale. In particolare sono disponibili studi su polli, bovini e suini alimentati con mangimi contenenti prodotti GM per la resistenza agli insetti o la tolleranza agli erbicidi. Tali studi hanno preso in esame le differenze nutrizionali tra varietà GM e non GM oltre che gli effetti sulla produzione di latte, uova e parametri qualitativi ad essi collegabili. Tali esprimenti, nel caso dei bovini, si sono protratti fino a due anni, non riportando alcuna differenza significativa tra unâ??alimentazione GM e non-GM. |